Era l’inverno del 1650. Una nevicata eccezionale aveva coperto di bianco il paese e le campagne di Laterza, per molti giorni. A risentirne maggiormente furono soprattutto gli animali che, in mancanza di pascolo, iniziarono a morire per la fame. Stessa sorte stava toccando le 7000 pecore del Marchese, Don Giambattista D’Azzia, il quale sfogava la propria ira sul suo povero massaro, Paolo Tria, minacciandolo di severe punizioni e duri castighi; come se, la mancanza d’erba nei campi, fosse colpa sua.
La mattina seguente –23 marzo- il poveruomo provò a vagare per la campagna, con la speranza di scorgere almeno un fazzoletto di terra libero dalla neve, ma nulla da fare! La spessa coltre bianca arrivava fino all’orizzonte.
Trovandosi, per caso, nei pressi dell’antica chiesa sotterranea e abbandonata di Santa Domenica, vi entrò, facendosi largo tra i rovi, e si mise a pregare il Signore cui affidò le sorti delle povere pecore e la sua. All’improvviso le si materializzò dinanzi, luminosa e bellissima, la Madonna con il suo divin bambino in braccio. Paolo, sgomento ed emozionato al cospetto di cotanta sublime visione, rovinò in ginocchio, chinò il capo e pianse.
Scostando gli occhi verso il muro di lato, prima spoglio e buio, ora poteva ammirare un luminoso dipinto il quale riproduceva fedelmente l’immagine celeste appena veduta. Commosso, tra le lacrime e i singulti, si mise ad implorare la sacra effigie acciocché potesse scongiurare l’imminente moria di tutte quelle bestie sventurate.
Portandosi fuori della grotta, constatò allibito che i campi non erano più innevati ma verdi e lussureggianti d’erba di fiori. Allora, tornò fiducioso dal Marchese il quale lo aspettava già a braccia aperte, felice per lo scampato pericolo. Paolo Tria, però, con nessuno fece parola di quanto gli era capitato in quella grotta; forse, per timore di non essere creduto.
La notte del 9 maggio, la Vergine apparve anche a Giulia dell’Aquila, donna gravemente ammalata, dicendole di recarsi nella vecchia chiesa abbandonata ad ammirare la sua immagine. La mattina seguente, Giulia, perfettamente guarita, si diresse alla grotta e lì, sbalordita e genuflessa, contemplò a lungo lo splendore della sacra icona, identica alla figura apparsale nella notte. Resasi conto del gran miracolo ricevuto, tornò in paese e, bussando a tutte le porte, informò la popolazione di quanto le era accaduto.
In poco tempo, intorno alla grotta, si radunò un’immensa folla di persone: oltre ai laertini, arrivarono genti da altri paesi di Puglia e, persino, da altre regioni viciniore.
La Madonna, la notte precedente, era apparsa in diversi luoghi del meridione ed aveva fissato appuntamento, con tutti, nei pressi di quella grotta che aveva scelto come sua dimora.
Quel giorno fu colmo di prodigi: il cieco riacquistò il dono della vista, il paralitico riprese a camminare, il sordo udì le voci in preghiera, il muto levò il suo canto al cielo… e tutto era felicità, pace e amore.
D’allora, Laterza divenne somma meta di pellegrinaggio e, finalmente, l’11 maggio 1727 -dopo ben 77anni dall’apparizione- la Vergine, Maria SS.ma Mater Domini, fu solennemente eletta Patrona di Laterza. La festa in sua venerazione fu fissata al 20 maggio d’ogni anno a venire.
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